Il metodo 4 – Le idee: habitat, vita, organizzazione, usi e costumi – Edgar Morin
Non nascondo che Edgar Morin sia il pensatore che più ha influenzato il mio modo di vedere il mondo. La lettura, molti anni fa, del Metodo 1 “La natura della natura” mi ha fatto scoprire la complessità e mi ha spinto ad approfondire questo affascinante argomento cercando di trovare delle ripercussioni nella mia professione di consulente di management. E’ da poco uscita la nuova edizione del Metodo 4 – “Le idee, habitat, vita, organizzazione, usi e costumi”. Per chi ha letto altre opere di Morin questo libro non porterà concetti del tutto nuovi e mai sentiti, bensì un approfondimento sullo specifico tema delle idee e dei meccanismi alla base del pensiero complesso. Come al solito, Morin non scrive in maniera semplice facilmente comprensibile, tuttavia, la sua prosa è affascinante e ogni frase è densa di significato, ricca, illuminante. Nel Metodo 4 Morin affronta la complessa relazione tra cultura, società e conoscenza. E’ la cultura, con il suo linguaggio, i suoi paradigmi, la sua logica e i suoi schemi, che influenza la conoscenza e il perimetro entro il quale può muoversi la conoscenza. Tale relazione non è però unidirezionale. La mente degli uomini ha spazi di libertà. In tutte le culture, anche quelle più chiuse ed autarchiche esiste sempre la possibilità di trovare menti “devianti” che acquisiscono conoscenze nuove, fanno scoperte inattese e, in questo modo influenzano la cultura dominante trasformandola nel tempo.
Dal punto d vista manageriale – per coloro che si interessano delle ripercussioni della complessità sulla gestione d’impresa – questo concetto evidenzia l’impossibilità di pensare in termini settoriali e disciplinari all’interno dell’organizzazione. Non è possibile continuare a considerare l’organizzazione aziendale solo come l’organizzazione aziendale, la strategia d’impresa solo come la strategia d’impresa, la finanza solo come la finanza, la gestione delle persone solo come la gestione delle persone. Tutto è fortemente interconnesso. La cultura di un’impresa influenza infatti il modo in cui il management elabora le strategie, organizza la propria azienda e gestisce le proprie persone. E, a loro volta, tutti questi aspetti influenzano continuamente la cultura aziendale, talvolta consolidandola, talvolta trasformandola nel tempo.
E’ molto interessante la parte in cui Morin parla dell’imprinting. Ogni essere umano, fin dai primi anni subisce un forte imprinting che rimarrà saldo negli anni. L’innovazione, in tutti i campi, viene facilitata dalla capacità di non subire passivamene questo imprinting, bensì di sfidarlo continuamente, di fuggire da esso. Da questo punto di vista sono significative le parole di Albert Einstein riportate nel testo di Morin: “L’adulto normale non si rompe mai il capo coi problemi di spazio e di tempo. Secondo lui, tutto ciò che occorre pensare in merito è già stato elaborato nella sua prima infanzia. Io, invece, mi sono sviluppato così lentamente che ho cominciato a interrogarmi sullo spazio e sul tempo soltanto da adulto. Di conseguenza, ho trattato il problema più a fondo di quanto avrebbe fatto chiunque ha avuto un’infanzia normale”.
La parte finale del Metodo 4 è interamente dedicata alla fallacia della logica come base del pensiero razionale. Secondo il concetto di razionalità classica, una contraddizione rende assurdo il pensiero in cui compare. Nel corso del ‘900 la microfisica è però giunta in modo razionale di fronte ad un’importante contraddizione relativa al fondamento stesso della realtà empirica e al fondamento della coerenza logica quando è risultato che la particella si comporta ora come un’onda, ora come un corpuscolo. Quando Niels Bohr ha accettato l’accoppiamento delle nozioni contrarie di onda e corpuscolo dichiarandole complementari, si è compiuto il primo passo di una formidabile rivoluzione epistemica: l’accettazione di una contraddizione da parte della razionalità scientifica. L’associazione complementare onda/corpuscolo non è nata quindi da un illogicismo del pensiero, bensì da un illogicismo della realtà.
Un secondo colpo alla logica è avvenuto molto prima della rivoluzione quantistica, con il famoso paradosso del Cretese (attribuito a Epimenide) secondo il quale tutti i Cretesi sarebbero dei mentitori. In effetti, se quel cretese dice la verità, mente e se mente, dice la verità. Bertrand Russell pensò di trovare la soluzione nella teoria dei tipi logici, fondata sul principio in base al quale ciò che ingloba tutti gli elementi di un insieme non può essere membro di questo insieme. Al di là dell’artificio di Russell, il paradosso del Cretese mina la certezza assoluta che il sillogismo dovrebbe garantire attraverso la deduzione logica. Infine, Morin, cita infine il pensiero di Popper come attacco finale alla logica. Il filosofo austriaco, insistendo sull’insufficienza della verifica per poter confermare una teoria, ha minato l’altro pilastro della logica classica: l’induzione.
Con queste argomentazioni, ricche di esempi e di spunti, Edgar Morin, annuncia in questo testo la necessità di avviare e consolidare un paradigma di complessità che possa far fare un passo in avanti alla conoscenza dell’uomo.