Per favore non un altro esperto di rischio…

risk-managementNell’articolo  “Boards Must Take on Risk Managementpubblicato da Business Week si avanza l’idea di istituire una nuova figura professionale esperta di rischio all’interno dei board aziendali. Il  sottotitolo recita:” You’ve heard of the Qualified Financial Expert, or GFE? Perhaps your board should consider a new acronym as well: QRE, Qualified Risk Expert. Gli autori, Clarke Murphy e Frank Brown, propongono di inserire all’interno dei board la figura del QRE (Qualified Risk Expert) al fine di prevenire nuove crisi finanziarie e migliorare la comprensione dei rischi che le aziende (in primis del settore finanziario) si assumono attraverso determinate azioni. La proposta di Murphy e Brown si spinge quindi oltre il Sarbanes-Oxley Act (SOX) del 2002 che, in seguito agli scandali Enron e Worldcom, prevede che all’interno dei board ci sia un “Qualified Financial Expert” (QFE) con competenze contabili e finanziarie. Oltre al QFE, secondo l’autore, si dovrebbe far entrare nei board anche un fantomatico QRE (detta in questo modo sembra un film di fantascienza…).

Trovo questa proposta, senza mezzi termini, inutile, potenzialmente dannosa e ai limiti del ridicolo. La SOX richiede che il Quality Financial Expert sia stato un “former top level accountant”, un chief financial officer o un “corporate controller”. Non soddisfatto di queste competenze già presenti all’interno dei board, Murphy dice che occorre creare il Qualified Risk Expert che viene descritto in questo modo: “the QRE director ideally should be a former senior executive in a sophisticated financial organization-an investment bank, commercial bank, or insurance company-with a complicated balance sheet. He or she should have a deep understanding not only of the entire spectrum of financial instruments and trading strategies but also of the asset-liability management process.

Sorgono due domande. La prima: Il Qualified Financial Expert già attualmente previsto nei board non ha queste competenze? Non conosce gli strumenti finanziari? Non comprende le strategie di trading? Ma allora di cosa è esperto? La seconda domanda è questa: Non sono stati propri i “senior executive” delle istituzioni finanziarie che hanno creato l’attuale crisi mondiale?

Dal mio punto di vista inserire esperti di rischio dentro i board, invece di migliorare la situazione, la peggiorerebbe. Quello che si avrebbe è che l’opinione pubblica potrebbe pensare che le istituzioni finanziarie sarebbero più “sotto controllo”, quando nella realtà sarebbe l’opposto. Dall’articolo di Business Week sembrerebbe quasi che la crisi sia dovuta al fatto che mancassero esperti di rischio nelle imprese. Non è assolutamente così. Le imprese erano (e sono tuttora) piene di esperti di finanza e di rischio. Tali esperti, però, basano le loro decisioni su modelli finanziari sbagliati (si vedano i post: “La crisi e la matematica“, “C’è la crisi? Provate i frattali” e “L’investitore Saggio“) e si tutelano dietro formule matematiche eleganti ma poco rappresentative della realtà per massimizzare i profitti dello loro operazioni, senza cura delle conseguenze delle stesse. Quando, come riporta l’Herald Tribune si arriva a concedere ad un raccoglitore di fragole messicano con un reddito di 14.000 dollari l’anno che parla poco e male l’inglese, un mutuo da 720.000 dollari per l’acquisto della casa, non bisogna essere geni o super esperti (QRE…) per capire che forse la soglia di rischio accettabile è stata ampiamente superata.  Se, poi a questa pazzia, aderiscono altre banche che acquistano il mutuo del contadino messicano e ne fanno oggetto di ricavo, l’impatto di questa decisione diventa sistemico.

Secondo me inserire l’ennesimo esperto di rischio nei board ammanterebbe di credibilità operazioni che non dovrebbero essere considerate credibili. Se proprio dobbiamo modificare i board facendo entrare una nuova figura, allora preferisco una vecchia idea di Victor Palmieri: “”Le strategie approvate nel consiglio di amministrazione spesso sono tali che anche un bambino direbbe che sono destinate al fallimento. Il problema è che non c’è mai nessun bambino nei consigli di amministrazione“. (Fortune 24 febbraio 1992)